Sicurezza, dubbi su foglio firma, premiazioni e hotel… Mauro Vegni ribadisce: “Porte chiuse solo in casi eccezionali”
L’ultimo DPCM dell’11 giugno non ha ancora dato risposte certe al mondo dello sport, e del ciclismo in particolare. Non sono state prese decisioni riguardo alle eventuali porte chiuse e ai protocolli sanitari da applicare. Non è stato deciso soprattutto fino a quando non si potranno organizzare eventi, al momento fermi fino al 14 luglio. Le poche misure messe in pratica nel corso della Parigi-Nizza non possono certo essere un riferimento definitivo, soprattutto quando bisognerà attraversare zone ad alto rischio come il bergamasco e il bresciano da corse di primo piano quali Giro d’Italia e Il Lombardia. RCS è quindi in cerca di certezze da parte degli ambienti governativi, con i quali avverrà nei prossimi giorni l’atteso incontro con Ministro dell’Interno e Ministro dello Sport di cui si parla ormai da tempo.
“Confido di evitare le porte chiuse – ha ribadito Mauro Vegni a La Stampa – Di sicuro bisognerà disciplinare il movimento delle persone nelle zone di partenza e arrivo della corse. La mia idea però è vietare la presenza del pubblico solo in casi eccezionali, perché la gente e i tifosi fanno parte del ciclismo”.
La gestione delle corse a tappe resta la parte più complicata da decifrare perché “per esempio un hotel con 100 camere può non essere d’accordo di tenerne un buon numero chiuse per destinarne solo la metà a ospitare corridori o staff di una gara”. Inoltre, andrà pianificata, volta per volta la logistica di ogni movimento (interviste, cerimonie di premiazione, controlli antidoping etc..), con alcuni passaggi come il foglio firma che sembrano destinati a scomparire.
Per non parlare del mistero riguardo la gestione dei controlli sul COVID-19: “Un possibile caso di positività non ricadrà necessariamente su tutta la squadra” (le quali avranno a loro volta responsabilità e cura di effettuare controlli) afferma, sottolineando come sia impossibile “tenere sotto controllo sanitario 200 chilometri di una corsa o di un passo di montagna”. Non è quindi plausibile essere sicuri al 100%: “Dovremo abituarci a convivere con il virus oltreché cercare di prevenirlo“.
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